Mala tempora currunt sed peiora parantur
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
Corrono brutti tempi, ma se ne preparano di peggiori. Ovviamene, non sappiamo se sarà così e lo speriamo davvero, ma le suggestioni che provengono dai “piani alti”, non fanno ben sperare per la scuola. Al giro di boa in cui ci troviamo, sembra che si debba andare alla deriva.
Sorvoliamo sulle affermazioni poco accorte che ci è toccato registrare, quale quella del Merito come “chiaro messaggio politico”, una minaccia più che non una spiegazione; o quella sull’umiliazione come pratica educativa/formativa, o l’annuncio di una riforma del sostegno. Senza dubbio, pregevole l’intenzione di riformare il settore, perché “l’insegnante di sostegno deve fare emergere i talenti, deve saper valorizzare lo studente. I ragazzi hanno necessità di un docente che non cambi di anno in anno. È importante una riforma del reclutamento, qui dobbiamo intervenire. Un lavoro così delicato non può essere dato così facilmente. Bisogna avere una formazione adeguata”. In realtà, tutti gli insegnanti, al di là della disciplina che insegnano, hanno il dovere di valorizzare tutti gli studenti e di fare emergere i loro talenti. Sarà, in ogni caso, interessante seguire il percorso di questa intenzione. Proprio vero che, nel mondo della scuola, una riforma non la si nega a nessuno, anche a prescindere dalle competenze e dalle conoscenze che si possiedono. Per questo auspichiamo sempre (e negli ultimi anni il viavai nel palazzo è stato non è stato di poco conto) che il designato al dicastero dell’Istruzione, oggi anche del Merito, studi le carte e analizzi la situazione, prima di intraprendere qualunque ipotesi di riforma. La scuola ha bisogno di essere studiata e compresa ancor prima di una qualsivoglia modifica, senza lasciare che prevalga una qualche ideologia di parte. Ha bisogno che se ne comprenda il senso e che lo si dichiari a chiare lettere.
Nel finale d’anno il Ministro Valditara ha ritenuto utile ed opportuno ribadire il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni: “L’interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L’interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno. Una recente indagine conoscitiva della VII commissione del Senato ha anche evidenziato gli effetti dannosi che l’uso senza criterio dei dispositivi elettronici può avere su concentrazione, memoria, spirito critico dei ragazzi”. Perfettamente d’accordo sul recupero del rispetto per gli insegnanti, la qual cosa dovrebbe toccare in primo luogo ai genitori.
Intanto, prosegue quella che si trasformerà in un altro aggravamento del sistema scolastico: il già ventilato dimensionamento, giustificato dai vincoli dell’Europa in attuazione del PNRR. L’obiettivo dovrebbe essere quello di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità e quindi della riduzione degli studenti. In che modo? Elevando il numero degli studenti per istituzione, dagli attuali 600 ai 900, quindi accorpando ulteriori plessi a quelli già esistenti e, in tal modo, riducendo il fabbisogno di dirigenti scolastici e DSGA. Trovato il modo di far quadrare il cerchio! “Tra l’altro - secondo il Ministro Valditara -, la misura da noi voluta genera dei risparmi, che abbiamo ottenuto rimangano a beneficio del mondo della scuola e in particolare dei dirigenti scolastici. Questi sono fatti suffragati dall’analisi degli uffici tecnici del ministero”. Ma come, anziché far fronte compatto davanti ad un ulteriore peggioramento del nostro sistema d’istruzione, e approfittare della denatalità per poter pensare a ridurre il numero di alunni per classe e perseguire un po’ più da presso l’obiettivo della qualità, ci complichiamo ulteriormente la vita peggiorando una situazione che è già ai limiti del collasso? Ma si ha idea di come e quanto si siano complicate le istituzioni scolastiche e delle doti di ubiquità che si richiedono ai dirigenti, peraltro già vessati da una sempre più intollerabile ed ostile burocrazia?
Ciononostante non ci resta che confidare nel buon senso che solo la scuola attiva riesce ad intercettare.
Gli articoli di questo numero:
Tullio Faia riprende il suo contributo in merito al “Periodo di formazione e prova per i docenti neoassunti”, di cui allo scorso n. 12, e lo completa in seguito all’emanazione della nota 39972 del 15/11/22. In particolare ci si sofferma sui passaggi fondamentali della nota per articolare, infine, una sua disamina critica.
Stefano Callà propone “Controversie relative al contenzioso disciplinare degli alunni” con esplicito riferimento alle sanzioni disciplinari degli alunni delle secondarie di primo e secondo grado, per le quali l’art.4 del DPR 24/6/98, n.249 demanda all’autonomia dei Consiglio d’istituto l’adozione di un apposito regolamento interno mediante il quale procedere all’individuazione dei comportamenti che rilevano sotto il profilo disciplinare in relazione alla violazione dei doveri stabiliti in via generale per tutti gli studenti dall’art.3 dello stesso DPR. Si tratta di un atto amministrativo vincolante per i destinatari e anche per gli organi interni della scuola, che fa salvi i diritti del contradditorio, di difesa e di libertà di opinione.
Anna Armone prospetta “Un caso di responsabilità diretta nei confronti della Pubblica Amministrazione: l’esercizio della libera professione da parte del docente senza autorizzazione”. La normativa di settore prevede che i docenti abilitati all’esercizio di libera professione richiedano l’autorizzazione al dirigente scolastico. In mancanza della quale l’Amministrazione può denunziare un pregiudizio erariale in conseguenza dell’intervenuto svolgimento di attività libero professionale esterna non autorizzata. Da qui l’invito ai dirigenti scolastici di verificare, sin dal momento della presa di servizio, le dichiarazioni di svolgimento di attività libero professionali, , in modo da garantire che l’accettazione dell’incarico sia accompagnata dal provvedimento autorizzativo e non decorrano, eventualmente, i termini di prescrizione dell’azione risarcitoria.
Filippo Cancellieri, sulla scorta che, per la prima volta, una donna è a capo del governo del nostro paese, riflette su “Istruzione e divario di genere: riflessioni per rompere il tetto di cristallo”, interrogandosi se, al di là dell’aspetto simbolico, si termineranno nella società e nella stessa istituzione scolastica nuovi e più avanzati equilibri nelle relazioni tra i generi. Una riflessione che può apparire singolare, ma che disegna scenari importanti con i quali è il caso che tutti ci si confronti.
Michela Lella orienta il suo intervento su “La forza della scuola” riconoscendo che in ogni scuola agisce una “forza umana” in grado di contribuire a sostenere le azioni dirigenziali, una forza rappresentata dai preziosi collaboratori il cui contributo concorre a rendere più efficace ed efficiente l’azione gestionale. L’azione diretta del Dirigente scolastico, da sola non appare sufficiente né esaustiva ai fini della costruzione di un consenso interno, utile a governare tutti i processi istituzionali. La forza della scuola come organizzazione che apprende, sta nella fondatezza delle due dimensioni: individuale e collettiva, da cui emerge la possibilità di una leadership plurale, allorché l’interazione di gruppo si trasformi in una proprietà identificabile nei tanti piuttosto che in una singole persona.
Luciano Lelli, a proposito del disegno di legge sulle cosiddette “competenze non cognitive”, pone l’interrogativo “Le characterskills: non bastavano le competenze della mente?”. Dopo un’analisi dei probabili propositi dei propugnatori parlamentari dell’innovazione, condotta attraverso una serie di interrogativi, l’autore riflette sull’interesse della letteratura pedagogica per le competenze in questione rilevando che, attualmente, la problematica sia vivacizzata da un interesse più acuto che in passato, registrandosi una bibliografia sull’argomento in gran parte prodotta in ambito culturale anglosassone. In Italia, i pareri sono stati discordanti e ancora è lecito chiedersi: che cosa sono (o sarebbero) le “competenze non cognitive”? Anche in considerazione del fatto che le stesse sono oggetto di una pluralità di definizioni. In chiusura di fa appello ai parlamentari e agli esperti (autentici o tali di sé dicenti) perché non sovrappongano agli insegnanti, in campo e in problematica attività, le loro voluttà riformistiche.
Loredana De Simone, nel suo pezzo “Le scuole ad indirizzo musicale: opportunità per una formazione estetica” in considerazione che con l’inizio del prossimo anno scolastico partono i corsi ad indirizzo musicale la cui organizzazione è stata demandata all’autoregolamentazione interna della scuola, propone e analizza un possibile schema di regolamento interno che la scuola potrà adottare alle proprie specifiche esigenza.
Rossella De Luca richiama una tematica di cui si discute molto in quest’ultimo periodo “Transizione ecologica e culturale. Non possiamo più pensare ad un’economia distante dall’ecologia”. Le azioni delle scuole, e quindi la connessa progettualità, dovranno in tali ambiti concentrarsi su tre aree di intervento: rafforzamento delle competenze di base (con particolare attenzione a quelle linguistiche), contrasto della dispersione scolastica, potenziamento della didattica delle STEM. Occorre promuovere una cittadinanza sostenibile, in grado di coniugare prosperità economica con equità sociale e rispetto dell’ambiente, occasione preziosa per mettere insieme a sistema una nuova visione della scuola, “Blue&Green”, una scuola che miri a coniugare la promozione di idee blu (cultura digitale e società dell’informazione) con la diffusione e lo sviluppo di idee verdi (sostenibilità ambientale, economia green, circolare e dello share), per favorire una modalità relazionale centrata sulla qualità delle relazioni e dei processi.
Vittorio Trifoglio espone il suo pensiero sulle “Figure di sistema: criticità e possibili sviluppi” partendo dall’assunto che un servizio scolastico di qualità necessita che le risorse umane operanti al suo interno si esprimano al massimo delle proprie possibilità interagendo in un’ottica sistemica, che richiede la regolamentazione delle parti interne e una conoscenza condivisa di priorità e obiettivi di processo finalizzata al raggiungimento di quest’ultimi. Da qui l’importanza che si valorizzi la struttura organizzativa dell’istituzione scolastica, che rappresenta in sé lo strumento attraverso il quale si possono raggiungere gli obiettivi di sistema prefissati. Le figure di sistema si rivelano essere risorsa fondamentale; nella maggior parte dei sistemi scolastici Europei hanno una connotazione ben delineata con funzioni che sono riconosciute formalmente.
Mario Di Mauro, per la Scuola in Europa, ci introduce a “L’educare in Spagna, forse la palestra giusta per una autonomia insieme identitaria e comunitaria”. Nel divenire spesso epidermico e acritico di tanti nazionalismi, infatti, è il modo di imparare a viverli il vero nodo gordiano di una società pacificante. Da qui la legittima curiosità di esaminare non più l’intreccio dei paesi ai confini orientali dei cosiddetti Balcani occidentali ma quelli che chiudono l’Occidente europeo sull’Atlantico. Tra di essi il Portogallo di tanta storia e soprattutto quella Hispania latina come si denominava un tempo la penisola iberica, un paese certamente dalla storia tra le più travagliate e complesse che se guarda al suo mare piccolo con le Baleari si affaccia anche su quello grande fino alle lontane e solitarie Canarie atlantiche.
Gianluca Dradi propone “La remunerazione dei commissari degli esami di Stato e la durata del viaggio”, commento a Corte App. Bologna, sent. n. 798 del 24.11.2022. Il contenzioso oggetto d’esame riguarda la modalità di calcolo della seconda componente del compenso per un commissario che, per raggiungere la sede d’esame, aveva a disposizione, come mezzo di linea extraurbano, il treno.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia, evidenzia che “Per sua natura, l’apprendimento è democratico, lento e rivoluzionario”. L’organismo umano è fatto per apprendere e funziona proprio perché apprende: se non apprende non evolve, si spegne e muore. Tutti possono apprendere e l’apprendimento non ha fretta, non accade secondo ritmi prestabiliti, si lega all’intuizione, alla creatività, all’accortezza cognitiva, alla specificità dei talenti e delle potenzialità possedute, al collegamento tra i sistemi percettivi e la capacità elaborativa, soprattutto nella scuola primaria e per gran parte della secondaria di primo grado. Per sua natura l’apprendimento è rivoluzionario, perché determina uno sconvolgimento nella vita di ciascuno, lo potenzia nel momento in cui si fa apprezzare e gli si consente di allocarsi in lui, perché possa germinare e andare oltre sé stesso, oltre la semplice stabilità/stagnazione della conoscenza.
Valentino Donà per la rubrica sportello assicurativo si sofferma e analizza le coperture assicurative in caso di danni o infortuni agli alunni durante la settimana bianca
Antonio Di Lello, per la rubrica osservatorio scolastico nel suo pezzo “Ricorso del genitore contro il voto di condotta attribuito al figlio” si sofferma e analizza il caso di un genitore che presenta al dirigente un esposto con il sette in condotta attribuito al figlio.