Giugno, tempo di scrutini ed esami (e di merito e demerito?)
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
Infine, anche quest’anno scolastico è arrivato a conclusione. Bene o male? Si dirà: “bene e male insieme”, perché la scuola ha continuato a navigare a vista, ancora oggetto di disposizioni non del tutto chiare e spesso improvvide, che hanno appesantito ulteriormente il suo funzionamento, da una parte gli insegnante e dall’altra i servizi amministrativi, ancora mettendo in affanno e confusione i Dirigenti scolastici e i suoi diretti collaboratori nonché i Direttori SGA e il personale tutto. Sembra che la scuola abbia definitivamente abbandonato la via della chiarezza e della semplicità per essere indirizzata sull’ingarbugliata via dell’eccesso burocratico. Quel che più sconvolge è la leggerezza con cui si riversano sulla scuola impegni e sollecitazioni che non tengono conto degli orari di servizio delle “persone” e dei ritmi di lavoro che si richiedono e che incidono negativamente sulla serenità della scuola nel suo complesso e sul benessere di chi ci lavora. Nello specifico, i docenti sembrano presi in un vortice di adempimenti esasperanti, che non giovano certamente alla definizione di un sereno clima pedagogico e didattico. Chi lavora nella scuola non può avere fretta e ha bisogno di tempi distesi, perché il lavoro con gli studenti, che si esplica attraverso la relazione educativa e formativa, richiede serenità e comprensione.
La scuola del “merito” dovrebbe contemplare la necessità di assicurare alle singole unità scolastiche di operare con giudizio, riconoscendosi quella vivacità creativa che può provenire solo da una considerazione positiva, ovvero dal riconoscimento della sua indispensabilità e, quindi, della sua preziosità sociale. La scuola ha il compito di proiettare nel futuro i suoi alunni, di accompagnarli nella crescita e di alimentare il loro desiderio/bisogno di conoscenza; ha bisogno di avere il tempo di riflettere su ciascun alunno, di accertarne le peculiarità e di costruire con e per lui il suo percorso scolastico immaginandolo già oltre il presente.
Freire diceva che “insegnare esige di comprendere che educare è una forma di intervento sul mondo”. Quanto può essere chiara questa visione ai responsabili del sistema d’istruzione? Quanto ne tengono conto ogni volta che riversano sulla scuola richieste che distolgono l’insegnante dal suo lavoro e il dirigente dalla sua vocazione educativa?
Dicevamo degli scrutini e degli esami. Ancora si giunge a questi appuntamenti senza una visione di quel che si vorrebbe che fossero. Sono momenti in cui si fa la “resa dei conti”? Momenti in cui si decide il “merito” o il “demerito” degli studenti? Sarà questo il senso della scuola anche quest’anno? Quel che si prospetta è ancora l’utilizzo del “bilancino” negli scrutini, medie dei voti “imposte” dalla piattaforma informatica adottata, giudizi sintetici che traducono in parole le suggestioni dei voti.
Ancora ci saranno i commenti sarcastici sulle votazioni alte e sulle lodi elargite in più ampia misura nelle scuole del meridione, e ancora ci saranno gli “esperti” di turno, giornalisti e liberi pensatori, che invocheranno “il rigore” dei loro tempi: “se una scuola non boccia, non è una scuola seria”, “se una scuola non dà più quattro, è una scuola che non fa il suo dovere”. Mi si permetta: baggianate!
Aspettiamo ancora di capire quale debba essere la scuola del merito e vorremmo che non fosse quella che, riferendosi agli studenti, li definisce sbrigativamente “capitale umano”, come se la scuola fosse un’azienda qualunque o un tramite verso le imprese.
Vorremmo, invece, che il senso merito si definisse avendo ad esempio i molti giovani studenti che immediatamente si sono catapultati nelle zone alluvionate dell’Emilia Romagna per agire di pala e vestirsi di fango intonando “Romagna mia”. In quei luoghi il merito si è espresso nel miglior modo possibile.
Gli articoli di questo numero:
Michela Lella propone l’interrogativo “I fondi del PNRR sono una benedizione per la scuola?”, in ragione del fatto che, la pioggia di soldi, seppure consentendo acquisizioni indubbiamente interessanti, ha, di contro, comportato un accrescimento, un sovraccarico di incombenze burocratiche, frenando gli entusiasmi che ci si sarebbe aspettato. Le scadenze previste per impegnare e spendere i fondi assegnati dal ministero costringono le scuole a concretizzare, in tutta fretta, una valida programmazione amministrativo-finanziaria in relazione ai traguardi sperati. Al di là di tutte le misure tese a migliorare le pratiche inclusive e le attrezzature digitali, resta e si evidenzia maggiormente la responsabilità della scuola di interrogarsi sull’efficacia delle pratiche didattiche messe in campo allo scopo di favorire negli studenti lo sviluppo di una mente critica.
Maria Rosaria Tosiani tratta de “Il Responsabile Unico del Progetto (RUP) nel nuovo codice dei contratti”, la cui figura appare profondamente innovata nel Codice recentemente pubblicato in Gazzetta, transitando dall’essere responsabile del “procedimento” all’essere responsabile del “progetto”, quindi responsabile unico dell’intervento pubblico complessivamente inteso. Per quanto riguarda la scuola, alla luce dell’art. 44 comma 1 del D.I. 28 agosto 2018, n. 129, si evidenzia la piena ed automatica corrispondenza della qualità del RUP, per tutte le attività negoziali dell’istituto, nella figura del dirigente scolastico, unica figura dirigenziale presente nonché figura di vertice dell’ente.
Vittorio Trifoglio focalizza l’attenzione su “La dispersione implicita nell’investimento 1.4 del PNRR”, quindi soffermandosi sulla molteplicità di fattori, fra di loro interdipendenti, che la determinano e che devono essere esaminate singolarmente in modo da poter agire sulla specifica causa e ridurne gli effetti negativi che, inevitabilmente, si ripercuotono sugli esiti degli apprendimenti. Sotto osservazione si configura il contesto di provenienza, ambito che incide significativamente sulla predisposizione e sulla motivazione allo studio degli alunni, originando alte percentuali di dispersione in coincidenza di contesti deprivati culturalmente. Nel contributo si riflette sulle azioni da mettere in campo, richiamando anche le raccomandazioni dell’Autorità garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.
Stefano Feltrin in occasione dell’entra in vigore il prossimo primo luglio del nuovo codice dei contratti pubblici nel suo pezzo “Avviato il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti”, descrive un adempimento importante a cui sono chiamate le istituzioni scolastiche per poter svolgere l’attività negoziale di affidamento dei contratti. Si tratta dell’obbligo di iscrizione nell’elenco delle stazioni qualificate per affidare contratti di forniture e servizi di importo superiore a 140.000 che scatta dal prossimo 1° giugno 2023.
Filippo Sturaro, in “PNRR: la Scuola di Alta Formazione” richiama alla memoria l’articolato della Missione 4 del Piano, in cui si intrecciano più dimensioni portanti per corrispondere all’obiettivo di rafforzare le condizioni di sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività, di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca. Il contributo si sofferma sulla funzione di governance della Scuola, che si definisce attraverso l’azione sinergica di tre organi: il Presidente, il Comitato di indirizzo e il Comitato scientifico internazionale. Il funzionamento della Scuola è assicurato dall’ ufficio di Direzione generale.
Vittoria Striato ci invita a riflettere su una categoria di alunni che la nostra scuola perde, o rischia di perdere perché non li comprende: “Giftedchildren. Perché la scuola non può perdere gli alunni plus dotati”. Si tratta di una categoria di alunni portatori, spesso, di talenti nascosti e che la scuola ha difficoltà a riconoscere per dedicare loro l’attenzione che meritano. Sfuggono ad una classificazione specifica e, così, spesso sono etichettati genericamente come alunni ADHD, o come alunni espressione dello spettro autistico; alunni, comunque, che in passato erano tormentati dal rischio ricorrente della bocciatura. Si tratta, in realtà, di alunni che possono presentare situazioni diversificate: un vocabolario più ampio del normale, un linguaggio più sviluppato, un alto livello di creatività, precoci capacità di ragionamento, eccellente memoria, elevata sensibilità ed eccitabilità intellettiva, emozionale e immaginativa, con diversi livelli elevati di abilità e di competenze in uno o più domini, quali matematica, musica, pittura, danza. Un argomento particolarmente delicato ed interessante che la scuola non può permettersi di ignorare.
Giacomo Mondelli, proponendo l’invito “Proviamo a riflettere sull’azione formativa promossa realmente dalla scuola dell’autonomia”, prosegue il lavoro di analisi e di riflessione sulla scuola “reale” già intrapreso nei numeri scorsi di “Dirigere”, e lo fa avviando la sua azione di ripensamento da una ricognizione intorno all’autonomia delle istituzioni scolastiche (motivazioni, finalità e senso originari, da una parte, concreta ed effettiva applicazione, dall’altra parte), in previsione di prossimi articoli nei quali osserverà più da vicino i più significativi aspetti del servizio scolastico, dal senso delle procedure della progettazione curricolare e didattica alla definizione e organizzazione dei tempi della scuola e alle figure professionali in essa presenti.
Rossella De Luca argomenta sul “Piano Triennale per l’informatica nelle PA – aggiornamento 2022-2024”, che si apprezza per essere uno strumento fondamentale per promuovere la trasformazione digitale del Paese e, in particolare, quella della Pubblica Amministrazione. L’aggiornamento 2022-2024 del Piano Triennale si muove in continuità con le due precedenti edizioni, concentrando maggiormente l’attenzione sulla realizzazione delle azioni previste e sul monitoraggio dei risultati raggiunti in relazione agli obiettivi predefiniti. Tra le varie sezioni del Piano, riveste ovviamente un particolare interesse per le istituzioni scolastiche la sezione Cosa devono fare le PA, che aggiorna la roadmap delle Linee d’Azione (attività) a carico delle diverse PA.
Filippo Cancellieri propone alla riflessione “Emancipare l’inclusione dalle derive cliniche”, ove si mette in evidenza come la gestione degli alunni con Bisogni Educativi, abbia costituito, nell’ultimo decennio, l’elemento caratterizzante l’organizzazione didattica di tutti i segmenti del nostro sistema d’istruzione. Una presenza, questa degli alunni con BES, che si è particolarmente accentuata nel tempo, evidenziando una sempre maggiore necessità di personalizzazione degli apprendimenti (come da legge 53/2003). Il contributo mette in evidenza il rischio che l’inclusività non riesca a neutralizzare l’impatto discriminante ed escludente delle etichettature diagnostiche, quand’anche formulate dagli stessi docenti, e delle umilianti personalizzazioni spesso rifiutate dagli interessati, inferiorizzati e mortificati dalle facilitazioni e dalle dispense di un PDP che ha senso solo se potenzia l’impegno, la motivazione, l’autostima.
Mario Di Mauro, per La Scuola in Europa; come già per altri contributi, propone l’interrogativo “Più politica o più tecnica la cultura dell’educare ad apprendere tra i banchi di scuola?”, intercettando una questione che viene concretamente suggestionata e instillata dai valori su temi quali quelli di una tecnica digitale senz’anima. Mai come oggi, rileva l’estensore del contributo, si può pensare ad un tecnologico che rinunci al suo ambire nel mostrarsi in sé artificiale e tuttavia avveduto.
Gianluca Dradi, per La scuola nella giurisprudenza, argomenta sulla “Responsabilità della P.A. da illegittimità del provvedimento”, a commento della sentenza del Consiglio di Stato n. 3094 del 27.03.2023, in merito alla controversa nata dall’impugnazione di un provvedimento di mancato superamento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione unitamente al silenzio inadempimento dell’istituto scolastico sull’istanza di attivazione di un PDP e sull’istanza di previsione di apposite modalità di svolgimento dell’esame. La conclusione? Il giudice accoglie parzialmente il ricorso, ma ha pregio la parte della pronuncia che riguarda l’inquadramento giuridico della responsabilità derivante dalla lesione di interessi legittimi.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia, riflette su “La Motivazione, ingrediente base dell’apprendimento”. Tra le parole che gli insegnanti utilizzano spesso per descrivere l’impegno dei loro studenti, la parola “motivazione” è tra le più evidenziate: “non hanno interesse”, “non sono motivati”, “non si riesce a motivarli”. Detta così, sembra che la motivazione esprima soprattutto la volontà a fare o non fare, studiare o no, impegnarsi o evitare di farlo. In realtà, c’è molto di più e non si tratta, prioritariamente, della volontà da ingaggiare nello studio: i meccanismi che sottendono la motivazione sono più complessi ed estesi, perché incrociano particolari dati della storia esperienziale individuale, la dotazione genetica e l’attivazione di alcune aree del cervello, al punto che si può affermare che la competenza motivazionale sia ampiamente distribuita in tutto il cervello e governi tutti i comportamenti, sia quelli che vengono promossi da stimoli fisiologici sia quelli che comportano una presa di volontà.
Alessandra Morazzano per la Rubrica i Casi della scuola propone un caso in cui il dirigente scolastico è chiamato a gestire una procedura di messa in mora per il mancato riconoscimento del diritto all’indennità sostitutiva per ferie non godute di un docente di scuola secondaria di primo grado.
Valentino Donà, infine, per la Rubrica Sportello assicurativo in “L’organizzazione dei viaggi di Istruzione” analizza sotto il profilo assicurativo la situazione in cui i ragazzi in gita a causa della soppressione del volo aereo hanno dovuto sostenere ulteriori costi. La polizza assicurativa stipulata dalla scuola non sempre copre tali situazioni di rischio.