Alla primaria facciamo valere la regola della giostra e non quella dei voti
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
Sugli scudi ancora il ritorno dei voti numerici alla scuola primaria. La sottosegretaria al Ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti, a cinque mesi dalla precedente esternazione, è tornata sull’argomento nell’ambito di una intervista all’Ansa, e, a ben soppesare le sue parole, sembra proprio che il sistema dei giudizi, introdotto dalla scorsa legislatura, stia per essere definitivamente smantellato. Perché recriminare? In fondo, sembra che abbia creato solo confusione nelle famiglie e complicato il lavoro dei docenti. Incomprensibili i timori che, invece, aleggiano intorno alla proposta del ritorno dei voti, perché, comunque, i voti nella vita arrivano inesorabili, bisogna abituarsi da bambini.
Nella esternazione di luglio, la sottosegretaria era stata particolarmente chiara nel sostenere che il ritorno dei voti alla primaria è questione che rientra nelle intenzioni della destra di governo, che mira a restituire alla scuola l’ambizione di essere un ascensore sociale, per cui tutti partono dallo stesso piano, ma solo chi merita va avanti, a prescindere dal portafoglio dei genitori. Giusto! Però, siamo sicuri che tutti partano dallo stesso piano? E poi, però… però stiamo parlando di bambini delle primarie e ricorrere ai numeri per bollare ogni loro prestazione, ammettiamolo, fa un certo effetto: equivale a gettare le basi per lo scarto che succederà più avanti, accantonando la visione di una scuola amica, che accoglie, abbraccia, valorizza e accompagna la crescita dei bambini cercando di compensare, in qualche modo, le distanze che lo stigma della nascita (condizioni culturali ed economiche della famiglia di appartenenza, ambiente di crescita, patrimonio ereditario e dotazioni genetiche) comporta e che più che di numeri ha bisogno di parole, di attenzioni, di presa in carico riscontrando i bisogni individuali più che non le prestazioni accademiche.
I bambini non possono essere ricondotti a numeri, non possono essere confusi con le loro prestazioni, che sono da considerare in ben altro modo; i bambini si comprendono e… si sognano, come direbbe ancora Danilo Dolci. Non sono i numeri a far sognare i bambini, ima l’emozione di accompagnarli nella crescita, ciascuno secondo i suoi bisogni. La lezione di Don Milani non ha scadenza ed è allergica ai numeri, che quantificano, non si sa bene cosa, ma non insegnano né formano. Don Milani, sì, lui lo sapeva benissimo che, a scuola, i bambini non partono tutto dallo stesso piano. I voti sono parenti dell’asservimento verso quell’unica forma prevista e attesa. Ricorda quell’unica taglia di cappello con cui si vorrebbe incappellare le teste dei bambini, che Claparède paventava già negli anni venti.
Sono le parole a formare, le emozioni e i sentimenti che trasmettono; sono i comportamenti a formare, i comportamenti che accompagnano lo stare insieme e si sta insieme non per catalogare, stilare graduatorie, mettere in competizione. Non ultimi e non primi! Almeno alle primarie facciamo valere la regola della giostra, perché valutare non è misurare, dare voti e farne la media, promuovere o bocciare, ma è formare mentre si cresce, e si cresce tutti insieme, bambini e insegnanti, ciascuno con le proprie peculiarità, con le proprie risorse, che non sono fisse nel tempo.
Perché abbiamo suonato la grancassa per ricordare Don Milani? Perché citiamo con orgoglio Montessori, perché ricordiamo il maestro Manzi? Perché ricordiamo con affetto e riconoscenza Mario Lodi e poi tutti gli altri grandi pedagogisti, fino a Francesco De Bartolomeis, recentemente scomparso, che hanno onorato la scuola italiana indicando la via da seguire per poi sbugiardarli così palesemente?
Diciamoci la verità: la questione non sono i voti e neppure i giudizi. La questione si attorciglia attorno all’idea di scuola, che non può essere appannaggio di destra o di sinistra, perché la scuola è dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani che l’abitano e che in essa devono costruirsi e rinascere per se stessi e per gli altri, perché il futuro è la strada che percorreranno, e il loro futuro è ogni giorno, ogni ora, ogni momento. La scuola ha in sé un senso ed una dignità tali che nessuna ideologia politica può permettersi di avocare a sé. Al contrario, sono esse, le ideologie che devono comprenderne le potenzialità e metterla nelle condizioni di funzionare meglio.
Il dimensionamento che si sta consumando in questo periodo la dice lunga in proposito. A fronte di una situazione di progressivo degrado che la scuola sta vivendo, si preferisce procedere ancora a “tagli”, anziché analizzarla e renderla più fruibile ed adeguata diminuendo gli alunni per classe e aumentando il numero delle classi. La scuola di oggi sta vivendo situazioni di disagio ben più profonde rispetto alla scuola già solo di qualche decennio fa, quando gli studenti erano meno distratti e più rispettosi dei luoghi e delle persone, le famiglie più disposte a stabilire un’alleanza con gli insegnanti; quando gli insegnanti, pur sempre con stipendi ai limiti dell’indigenza, godevano di maggiore considerazione anche da parte dell’Amministrazione. Ah gli insegnanti! Perché si tirano loro le orecchie e si continua a trattarli come l’ultima ruota del carro, ancor più oberati di lavoro, con incombenze burocratiche troppo spesso farraginose e superflue? Si stava meglio quando le cose erano più semplici? Forse sì!
Cosa ci possiamo aspettare? Stante così le cose, nulla.
Cosa vorremmo accadesse? Che i “piani alti” scendessero concretamente di livello per comprendere la reale situazione della scuola e del personale tutto, che - ci si consenta - sembra essere in ostaggio di un sistema indecifrabile ancorché lontano.
Gli articoli di questo numero:
Vittorio Trifoglio, propone alla lettura “La dispersione scolastica: il ruolo della scuola e del terzo settore”. Fenomeno che investe molteplici aspetti, spesso concomitanti, sovrapposti o moltiplicativi di effetti, i riflessi della dispersione scolastica si ripercuotono sulla qualità di vita attuale e futura dei giovani precludendone non solo la possibilità di sviluppare competenze cognitive necessarie per poter crescere e vivere nell’attuale società, ma anche lo sviluppo di abilità “non cognitive” quali la motivazione, l’autostima, le relazioni con gli altri. Il contributo introduce ad una riflessione attenta e dettagliata della problematica a partire già dalla distinzione tra abbandono e dispersione.
Maria Rosaria Tosiani, si sofferma su una delle novità recate dal nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.L.vo n.36/2023 “Le garanzie richieste per la partecipazione alle procedure di gara”. Nel nuovo Codice dei contratti pubblici sono state ridisciplinate le modalità di prestazione delle garanzie che gli operatori economici devono offrire per poter partecipare alle gare indette dalle istituzioni scolastiche.
Vincenzo Casella richiama la nostra attenzione su “Le tutele assicurative nella scuola: l’estensione dell’assicurazione obbligatoria”, facendo riferimento alla circolare n. 45 del 24 ottobre 2023, diramata dall’INAIL a seguito della campagna pubblicitaria messa in atto dai Ministeri dell’Istruzione e del Lavoro, che aveva come slogan: «Quest’anno non dovrai pagare l’assicurazione per la scuola dei tuoi figli. Lo farà lo Stato».La circolare, smorzando i toni volutamente propagandistici, ridefinisce il perimetro delle tutele garantite,posizionandole precisamente all’interno dell’alveo del nuovo disposto normativo. Relativamente al personale, docente e non docente, non sono rilevabili differenze sostanziali. In virtù della mansione specifica, godevano già della copertura assicurativa obbligatoria.
Stefano Callà tratta “Le novità in materia di soccorso istruttorio del nuovo codice dei contratti pubblici”. In considerazione che sono stati ampliati i margini di regolarizzazione delle domande di partecipazione alle gare si rende necessario per le istituzioni scolastiche prestare una maggiore attenzione nella gestione della documentazione delle gare per non incorrere in contenzioso.
Tullio Faia, come già nel numero di dicembre 2022 di Dirigere la Scuola, tratta de “Il periodo di formazione e prova per i docenti neoassunti e per i docenti che hanno ottenuto il passaggio di ruolo”, conducendo un’attenta disamina della nota ministeriale n. 39972 del 15/11/2022, avente ad oggetto “periodo di formazione e prova per i docenti neoassunti e per i docenti che hanno ottenuto il passaggio di ruolo”, in particolare soffermandosi sul punto 5 della nota, evidenziandone i passaggi fondamentali esplicitati. In ultimo, le interessanti ed irrinunciabili riflessioni conclusive.
Giacinto Iannuzzi si sofferma su “Merito scolastico e motivazione allo studio” con una serie di considerazioni particolarmente interessanti, a partire dalla stessa definizione di “merito”, troppo spesso inteso come una possibilità inerente all’impegno individuale nell’apprendimento scolastico, alla predisposizione soggettiva allo studio come dote naturale, una specie di variabile assegnata, da premiare o sanzionare, in ogni caso, con voti, promozioni, bocciature e, se necessario, con mezzi costrittivi e repressivi. Una concezione errata della volontà di apprendimento da cui è indispensabile uscire.
Filippo Cancellieri ci introduce a “L’orientamento sessuale: implicazioni socio-educative” rilevando come sui temi dell’orientamento sessuale si parli sui giornali, nei talk show, nei social media, dal parrucchiere, ma non nelle aule scolastiche o nei contesti educativi in cui i retaggi di antiche monoculture sessiste ostacolano l’apertura alle nuove dimensioni relazionali e alle multiformi configurazioni familiari e sociali. Indubbiamente il quadro delle discriminazioni di genere deve essere evidenziato ed affrontato in modo esaustivo trascendendo dalla logica binaria ed estendendo lo sguardo alla dimensione non eterosessuale per le sue implicazioni relazionali ed educative.
Michele Lella incentra l’intervento attorno all’interrogativo “Ma è davvero tutta colpa della scuola?”, rilevando come il malessere che aleggia intorno alla questione “scuola” si accentua, ogni anno, in concomitanza della presentazione alla Camera dei risultati delle prove Invalsi, con l’evidenziazione delle pecche del nostro sistema di istruzione con l’inevitabile seguito di polemiche. Ciò nonostante, da questo gran parlare e da questa smania di interventi e di discussioni intorno alla questione “scuola”, non si ricavano proposte effettivamente valide, pertinenti e utili a risolvere i problemi evidenziati.
Ada Maurizio ci aggiorna su “I CPIA e la formazione professionale per i migranti”, rifacendosi alle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, contenute nel testo unico 286/98 e modificate a seguito del decreto Cutro”. L’articolo 23 disciplina le attività di istruzione nei Paesi di origine finalizzate sia all’inserimento lavorativo in Italia che allo sviluppo di attività produttive e imprenditoriali nei Paesi di origine.
Mario Di Mauro, per La Scuola in Europa, propone “Lo spettro di una nuova guerra in Europa e di come parlarne in classe”, evidenziando una problematica che, necessariamente, deve essere affrontato a tutti i livelli di scuola, adattando il linguaggio alle evidenze cognitive, emotive ed affettive degli studenti. Non ci sono ragioni di sorta che possono sostenere il ricorso alla violenza, alla prevaricazione, alla distruzione dell’altro e dell’ambiente fisico in cui vive.
Vittorio Venuti espone la necessità di rivalutare il ruolo delle emozioni nella relazione insegnante-allievo al fine di incidere significativamente sul rapporto insegnamento-apprendimento, in ragione di come le parti si influenzino reciprocamente anche al di là di ogni considerazione personale. In “Insegnare emozionando, sullo sfondo dei marcatori somatici” vengono esposte le suggestioni che, in tal senso, provengono dalle neuroscienze e, in particolare, dal contributo del neuroscienziato portoghese Damasio: emozioni e sentimenti si pongono alla base del buon funzionamento della mente, quindi nella cognizione e nell’apprendimento.
Gianluca Dradi, per La scuola nella giurisprudenza, in “L’istanza di accesso documentale dei genitori dello studente: motivazioni non indispensabili”, commenta la recente sentenza del TAR Puglia riguardante il caso di una madre, amministratrice di sostegno di uno studente di scuola superiore, che chiedeva l’accesso documentale al fascicolo scolastico del figlio, al fine di conoscere dettagliatamente il suo intero percorso didattico e formativo e valutare il rispetto del diritto all’inclusione scolastica e del raggiungimento di conoscenze compatibili con lo stato di disabilità. La richiesta era stata respinta dal dirigente scolastico.
Valentino Donà propone un argomento che, prima o poi, interessa tutte le scuole: “La concessione dei locali scolastici; quale copertura assicurativa in caso di danni”. A seguire le norme sulla concessione dei locali, le precisazioni sui tempi e sulle finalità, le procedure per la concessione, quindi il profilo assicurativo.