L’ambito della libertà professionale dei docenti
Editoriale di Anna Armone
Direttore Responsabile
Come ho già scritto in un recente articolo la vicenda in questione riguarda un fatto, oramai noto alla cronaca, di un’insegnante di storia e geografia dispensata dal servizio per incapacità didattica. Ma la cosa incredibile è che l’accertamento di tale incapacità è avvenuto nell’unico periodo di insegnamento concretamente valutabile (“nei 24 anni di servizio 10 sono esercitati in tutt’altra attività e nei rimanenti 14 i periodi frammentati di insegnamento si riducono a circa 4 anni, essendovi periodi di assenza/malattia/corsi, ecc. che riducono a ben poca cosa l’attività di docenza svolta da questa dipendente e risultante dai documenti in atti - prova documentale -”). Tale comportamento, peraltro supportato da una congrua documentazione formale giustificativa, non è stato preso in considerazione dalla Cassazione, anche perché attiene al merito della causa e non integra alcuna delle violazioni di legge denunciate.
Il contenuto dell’editoriale non riguarda la vicenda giudiziaria, ma esclusivamente la natura del provvedimento adottato, l’unico possibile. Ma è necessario descrivere l’antefatto. Da ciò che si evince dagli atti di causa il dirigente ha attivato la visita ispettiva, a seguito della quale è stato emesso il decreto di dispensa. Il ricorso alla visita ispettiva è l’unico strumento in mano al dirigente per portare alla luce i casi di scarso rendimento. Una tale rilevazione dovrebbe portare all’adozione del licenziamento disciplinare, quale provvedimento del datore di lavoro, quale esercizio del suo potere basato sul vincolo gerarchico che si instaura tra il superiore gerarchico e il sottoposto. Ma tra dirigente scolastico e docente tale vincolo gerarchico si limita agli adempimenti formali previsti dalle norme primarie e contrattuali. Lo iato è dovuto al fatto che le competenze tecnico-professionali dei docenti costituiscono contenuto esclusivo della funzione, non riscontrandosi alcuna competenza didattica nel profilo professionale. In verità ci provò il legislatore della legge 107/2015, prima versione, prevedendo che al dirigente sarebbero state attribuite le scelte educative. Previsione non più presente nella versione definitiva del testo. Ecco perché il dirigente non può applicare il licenziamento disciplinare di cui all’art. 55 del d.lgs. 165/2001.
Lo status del docente, incapsulato in una libertà professionale sempre più inadeguata ad una scuola che rivela molto spesso profili di conflittualità, avrebbe davvero bisogno di un ripensamento. Peraltro, anche il CCNL si trova a dover rispettare il filo spinato della libertà di insegnamento, al punto che il rischio di “entrarci dentro” è stato richiamato nell’ultimo contratto che prevede la scrittura di un codice disciplinare ad hoc.
L’unico istituto che l’Amministrazione ha potuto applicare, dunque, è stato quello della dispensa per incapacità didattica (artt. 512 e 513 del D.Lgs. n. 297 del 1994) che non è abrogato, perché il D.Lgs. n. 150 del 2009 non ha ricondotto tutte le ipotesi di risoluzione del rapporto da parte dell’Amministrazione nell’ambito del licenziamento di cui al T.U. Pubblico Impiego (D.Lgs. n. 165 del 2001), trattandosi d’istituto diverso dal licenziamento disciplinare per insufficiente rendimento regolato dall’art. 55quater comma 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001 come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2009, che, quindi, “non può averne cagionato - nemmeno tacitamente - l’abrogazione.”
L’art. 55quater del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) è stato inserito nel T. U. Pubblico Impiego dal D.Lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009 (“Attuazione della L. 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”), che con il capo V, intitolato “Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici”, ha riscritto l’art. 55 del T. U., aggiungendo, quindi, gli artt. dal 55bis al 55novies. In questa cornice normativa, l’art. 55quater, facendo salva la disciplina delle altre ipotesi di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e le ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo (“ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve le ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo”), individua una serie di condotte del dipendente pubblico passibili con la sanzione disciplinare del licenziamento, tra cui, al comma 1 lettera f-quinquies, anche la condotta di “insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti o provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell’art. 3 comma 5bis del D.Lgs. n. 150 del 2009 D.Lgs. 27/10/2009, n. 150.”
La libertà d’insegnamento quale libertà individuale costituisce un valore costituzionale (art. 33 comma 1 Cost.), che, però, non è illimitata, trovando il proprio più importante limite nella tutela del destinatario dell’insegnamento, cioè dell’alunno (art. 31, art. 32 comma 2 e art. 34 Cost.). I principi costituzionali trovano conferma negli artt. 1 e 2 del T.U. Scuola (D.Lgs. n. 297 del 1994), che rispettivamente recitano:
“Art. 1 Formazione della personalità degli alunni e libertà d’insegnamento: 1. Nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. 2. L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. 3. E garantita l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca.”; “Art. 2 Tutela della libertà di coscienza degli alunni e diritto allo studio: 1. L’azione di promozione di cui all’articolo 1 è attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni. 2. A favore degli alunni sono attuate iniziative dirette a garantire il diritto allo studio.”
La libertà d’insegnamento in ambito scolastico, quindi, è intesa come “autonomia didattica” diretta e funzionale a una “piena formazione della personalità degli alunni”, titolari di un vero e proprio “diritto allo studio.” Non è libertà fine a sé stessa, ma il suo esercizio, attraverso l’autonomia didattica del singolo insegnante, costituisce il modo per garantire il diritto allo studio di ogni alunno e, in ultima analisi, “la piena formazione della personalità” dei discenti. La didattica (dal greco didáskein = insegnare), che è l’arte/scienza dell’insegnamento e dell’apprendimento, concerne, quindi, i metodi dell’insegnamento e si distingue in una didattica cosiddetta generale, riferita ai criteri e condizioni generali della pratica educativa, e in una cosiddetta speciale, relativa alle singole discipline d’insegnamento. La didattica, cioè, comprende tutti quei metodi, con cui l’insegnante, che è autonomo nella scelta delle modalità ritenute più idonee nel caso concreto, è chiamato a realizzare la formazione (piena) degli alunni nella materia di riferimento. Tra le metodologie didattiche rientrano una chiara e riconoscibile strutturazione e organizzazione dell’insegnamento, la partecipazione attiva degli alunni al processo di apprendimento, un clima di gruppo che agevola l’apprendimento, la chiarezza degli incarichi, una pluralità metodologica (lezione frontale, lavori di coppia o di gruppo, attività di ricerca e presentazione, etc.), la chiarezza nella verifica dei risultati, la differenziazione sia di metodo sia di contenuto secondo la diversità delle capacità individuali di apprendimento degli alunni che formano il gruppo.
Un ulteriore approfondimento del tema è presentato da Federica Marotta nell’osservatorio giurisprudenziale. L’autrice parte dal fondamentale articolo 33 della Costituzione. Per libertà di insegnamento l’articolo 33 della Costituzione intende la possibilità, lasciata ai singoli docenti, di scegliere il mezzo con cui preferiscono divulgare le proprie conoscenze e il proprio pensiero in merito, le teorie che intendono veicolare e, appunto, le modalità di insegnamento per lo sviluppo delle competenze nei discenti. Ma un docente, per essere tale e poter svolgere questo lavoro, deve dimostrare volontà di aggiornarsi e di sviluppare le proprie competenze in ragione di metodologie e strumenti utili agli studenti, al fine di garantire un servizio che sia utile e orientato alla crescita dei propri discenti. Sulla base di ciò si è data lettura della normativa relativa alla destituzione del docente che è stata analizzata anche al fine della interpretazione consapevole della recente sentenza della cassazione n. 17897 del 22 Giugno 2023.
Mario Ricciardi affronta un tema complesso e da un’angolazione specifica, “L’autonomia differenziata, la scuola e la contrattazione”. Dopo una sintetica ma efficace disamina della proposta Calderoli di autonomia differenziata, che pone in evidenza i punti deboli della riforma, entra nello specifico della relazione tra tale riforma e il sistema delle relazioni sindacali, in particolare della contrattazione nel sistema dell’istruzione. L’efficacia dell’analisi consiste, in particolare, nella interrelazione tra il modello di governance e lo status di tutti gli operatori scolastici prospettato dalla riforma e il modello istituzionale dell’autonomia differenziata emergente dalla stessa. Senza dimenticare l’accento sulle conseguenze dal punto di vista salariale e di stato giuridico differenziate nelle venti regioni.
Vanna Monducci commenta la ricerca Ocse “Le grandi mutazioni che trasformano l’educazione” (Edizione 2022). La pubblicazione che l’autrice esamina, focalizzando alcune tematiche, fornisce una panoramica delle principali tendenze economiche, politiche, sociali e tecnologiche che influenzano l’istruzione. Le questioni sollevate sono suggestive e mirano a informare il pensiero strategico e a stimolare la riflessione sulle sfide che l’istruzione deve affrontare. L’obiettivo è quello di fornire a responsabili politici, ricercatori, dirigenti scolastici, insegnanti una fonte sulle tendenze che stanno interessando l’istruzione, sia nelle scuole che nelle università o nei programmi di educazione degli adulti, perché siano preparati ad affrontare le sfide dei prossimi due decenni.
Carmen Iuvone inizia un ciclo di approfondimenti sul nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), iniziando con il commento ai principi. Richiama il valore della correttezza e buona fede in particolare nella fase precontrattuale e del legittimo affidamento. Tutto finalizzato a creare un sistema improntato sulla fiducia tra l’amministrazione e il contraente, poiché le norme non realizzano le riforme ma ne rappresentano lo strumento.
Nicoletta Tomba mette a fuoco la problematica del cyberbullismo attraverso un’intervista ad Elena Ferrara, prima firmataria della l. 71/2017. È davvero interessante apprendere come tale legge sia originata dal suicidio di una ragazzina di 14 anni vittima di cyberbullismo che ha spinto la senatrice Ferrara ad iniziare l’iter legislativo. Emerge dall’intervista un elemento determinante: la condivisione del problema perché la scuola ha bisogno di una rete per svolgere al meglio il suo compito di educare alla cittadinanza attiva.
Riproponiamo un articolo del Profrofessor Ladu, pubblicato in questa rivista nel 2009, di grande interesse alla luce delle modifiche apportate al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Il saggio di Giampaolo Ladu ricostruisce in modo sistemico e approfondito un tema affrontato svilito dai discorsi salottieri. L’etica viene ricondotta all’interno del meccanismo di efficacia delle riforme. Non è affatto detto che le riforme siano realizzabili solo e necessariamente per mezzo di leggi approvate dal Parlamento. Anzi, richiamando Massimo Severo Giannini, “è da temere che una vera, incisiva riforma delle pubbliche amministrazioni non sarà possibile fino a che il Parlamento sarà dominio dei partiti, che occupano proprio quelle amministrazioni che dovrebbero riformare, ma delle quali sono tributari per il mantenimento del loro potere”.
Stefano Callà nel percorso di rivisitazione storica del sistema dell’istruzione, analizza il movimento del ’68, le sue cause la sua gestione politica. È importante l’analisi del lasso di tempo che intercorre tra le prime manifestazioni di rivolta e l’emanazione dei decreti delegati del ’74 che recepiscono i principi rivendicati dal movimento.
Giacinto Iannuzzi nel suo pezzo “Oltre la competenza: il “merito” si sofferma e analizza le possibili ricadute, il significato che potrebbe o dovrebbe assumere la nuova denominazione impressa al Ministero dell’istruzione come ministero del “merito”. Il discorso secondo l’autore deve transitare da una idea volontaristica dello studio, attinente alla decisione del singolo, “autoritaria”, “selettiva”, com’è nella tradizione e nella “cultura” di una determinata classe politica del nostro paese, a un punto di vista di carattere più aperto, con forte valenza scientifica, attinente all’impegno dei docenti, alla costruzione quotidiana di uno standard generale, elevato, di “merito” in cui i singoli allievi devono e possono collocarsi, al rinnovamento continuo, al migliore utilizzo delle competenze professionali, degli strumenti e delle strutture esistenti e disponibili.
Giuliana Costantini, nella rassegna libraria, commenta tre libri molto diversi tra di loro. Il primo, di Simonetta Tassinari, Donna Fortuna e i suoi amori, è la storia di una donna travolta dagli eventi della Seconda guerra mondiale, costretta a cambiare i luoghi della sua vita, e si intreccia con un evento storico accaduto nello stesso periodo, la vicenda delle famose navi romane del lago di Nemi, finite in cenere nello stesso periodo. Il secondo libro, di Maddalena Vaglio Tanet, Tornare dal bosco, è un romanzo allegorico che, attraverso le vicende di un bambino che si addentra in un bosco per cercare la maestra scomparsa. Come dice Costantini, “Tornare dal bosco” si presenta come un romanzo profondo e convincente sia per l’insolita trama, sia per lo stile letterario dell’autrice che passa dalla lira all’esposizione cruda dei fatti e che, già nel titolo, preannuncia un tornare che sicuramente è stato a volte per tutti noi difficile, quando ci eravamo rifugiati nel bosco, un bosco fitto con poca luce che filtra tra gli alberi, ma che abbiamo lasciato per tornare alla luce piena del sole, fra i nostri simili ed affrontare o meglio riaffrontare la vita. Il terzo libro, di Monica Petrosino, La neve di Mariupol, è la cronaca giornalistica della guerra in Ucraina, ricca di considerazioni che non riguardano la tattica di guerra, ma le emozioni e la lotta di resistenza, la passione civile guidata dalla speranza della pace.
Vincenzo Palermo nella rassegna cinematografica illustra tre film:
Close, Regia: Lukas Dohnt. Cast: Eden Dambrine, Gustav De Waele, Émilie Dequenne, Léa Drucker, Kevin Janssens. Genere: Drammatico. Origine: Belgio/Paesi Bassi/ Francia 2022. Anno: 2022. Durata: 105 minuti. Da vedere su Sky/Now Tv. Il regista belga Lukas Dhont racconta l’incrocio sentimentale tra due tredicenni, il più vivace Leo e l’introverso Rémi. Come commenta Palermo, il regista osserva, con profondità di lettura e con scelte stilistiche immersive, un sentimento di amicizia e complicità, fornendo le chiavi di lettura per esplorare l’ambiguità dei rapporti sociali nell’età della preadolescenza e le dinamiche di gruppo.
Armageddon Time - Il Tempo dell’Apocalisse, Regia: James Gray. Cast: Anne Hathaway, Anthony Hopkins, Jeremy Strong, Banks Repeta, Jaylin Webb. Genere: Drammatico. Origine: Brasile/USA. Anno: 2022. Durata: 114 minuti. La storia, ambientata nel 1980 è centrata su un ragazzino scalmanato, amante dell’arte e incapace di adeguarsi alle regole impartite dalla scuola e dalla famiglia. È, come osserva Palermo, da vedere perché costituisce un manifesto generazionale che racchiude i temi fondanti della poetica del regista newyorchese James Gray: la scoperta di sé, l’emancipazione difficile, il ribellismo giovanile, inseriti nel contesto socio-politico della contraddittoria America del melting pot.
L’acqua l’insegna la sete, Regia: Valerio Jalongo. Genere: documentario. Origine: Italia/Svizzera, 2020. Durata: 76 minuti. Da vedere su: Raiplay. Davvero interessante questa storia vera di un gruppo di studenti partecipanti ad un progetto audiovisivo che ha coinvolto, oltre agli alunni della 1E, il professore di lettere Gianclaudio Lopez e il regista Valerio Jalongo. L’incontro a distanza di anni tra i protagonisti apre una riflessione profonda sulle attese e le aspettative della gioventù. Da vedere perché è un viaggio dell’anima nella scuola italiana, alla scoperta delle connessioni emotive che legano i docenti agli studenti e nelle zone d’ombra di un sistema in cui le criticità strutturali e didattiche ricadono pesantemente sulle nuove generazioni. X