Ciascuno vive nello sguardo dell’altro
Editoriale a cura di Vittorio Venuti
A cosa aspira ciascuno? Ad essere visibile, e lo si è in ragione di come l’altro ci guarda e ci vede; quindi non un’occhiata fugace, ma un vedere che risponda alla necessità di essere riscontrati, percepiti come corpo e presenza, come individuo non anonimo, come persona apprezzabile. È questo quel che, fondamentalmente, ciascuno chiede? Gli alunni e anche gli insegnanti chiedono? Certamente sì, anche se tale aspettativa non viene espressa verbalmente, per lo più limitandosi ad una accondiscendenza sostanzialmente formale. Quando l’altro è visto, il vedere va oltre il corpo fisico e colui/colei che è visto/a lo avverte e risponde a sua volta, ponendo l’altro nel proprio sguardo, combinando insieme due modalità percettive: quella emozionale e quella ottica. Ciascuno si rispecchia nel volto di coloro che gli stanno intorno, sia che gli si voglia bene sia che gli si voglia male: ciascuno rimanda all’altro qualcosa della sua immagine e, di conseguenza, contribuisce a fare in modo che pensi di sé quel che l’altro pensa.
Lo sguardo comunica in ogni caso, sia che veda e sia che non veda: lo sguardo può accogliere e, di contro, può anche negare, non soffermandosi sull’altro o, anche, accompagnando lo sguardo con un’espressione di “sufficienza” o decisamente neutra, come a dare l’altro per scontato. Eppure non stentiamo a riconoscere che proprio il sentirsi corpo visibile e considerato agevola la produzione di una base sicura e resistente, fondamentale per la formazione del proprio sé. E per tutta la vita spieremo nello sguardo dell’altro la consistenza che ci riconosce. Lo sguardo ha il potere di creare e sostenere legami, costruire e governare relazioni, promuovere o negare identità, creare o negare alleanze. E questo vale per gli alunni e vale anche per gli insegnanti: nello sguardo dell’altro ciascuno può vedere quel che quegli pensa e sente di lui e per lui.
Trovandoci ad inizio d’anno scolastico, potrebbe essere interessante soffermarsi sull’importanza dello sguardo e della sua continuità nella relazione educativa e formativa; una riflessione che deve tener conto dell’età e delle determinanti psicologiche e cognitive degli alunni già a partire dalla scuola dell’infanzia. Non uno sguardo diretto a “domare” l’altro, ma volto ad accoglierlo, rassicurarlo, valorizzarlo, in qualche modo “sedurlo” e affascinarlo per portarlo dalla propria parte e, quindi, poter investire su di lui. Fare accoglienza vuol dire anche questo e, come ricordiamo spesso, non si accoglie una volta per tutte, ma si accoglie tutti i giorni per tutto l’anno.
Dietro allo sguardo c’è e ci deve essere sempre la parola e la disponibilità all’ascolto. “Come state? Come stai?”, domande semplicissime che occorre ricordarsi di pronunciare, perché occorre interessarsi di ciò che gli alunni pensano o provano. Coinvolgiamoli, con la consapevolezza di trovarci davanti persone che si stanno costruendo e che necessitano di essere accompagnate nella crescita, con sincera discrezione. Lo sguardo accogliente apre alla meraviglia della conoscenza che, altrimenti, continuerebbe ad essere ammantata dal vello dell’obbligatorietà o della costrizione, della valutazione e dei giudizi, dei voti, che poco tengono conto dell’evoluzione di ciascuno. In più: consideriamo che ciascun operatore della scuola, agli occhi degli alunni e dei genitori, è un rappresentante della “distante” amministrazione scolastica: anche questo porta nel proprio sguardo, al di là dell’opinione ch’egli stesso ne ha.
Gli articoli di questo numero:
Maria Rosaria Tosiani presenta “Le attività di inizio anno scolastico: un supporto utile soprattutto per i neo dirigenti”, una articolata ed esauriente guida agli adempimenti sugli aspetti fondamentali di programmazione e gestione che il dirigente affronta annualmente e che assumono carattere di necessità in occasione dei nuovi dirigenti nominati e nel caso degli avvicendamenti tra dirigenti che si succedono ad ogni inizio anno scolastico.
Anna Armone, con la consueta chiarezza, tratta de “Il processo di definizione dello staff dirigenziale”, evidenziando la particolare declinazione che l’organizzazione dell’istituzione scolastica ha rispetto alle altre organizzazioni pubbliche, non prevedendo una separazione tra la funzione di indirizzo e la gestione. L’art. 5 del d.lgs. n. 165/2001 dispone, infatti, che gli organi gestionali, quindi anche i dirigenti scolastici, assumano le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione del rapporto di lavoro con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Poteri privati che si affiancano a quelli pubblici, che il dirigente esercita attivando le competenze attribuite quando adotta atti amministrativi.
Marta Brentan rileva che il nuovo CCNL 2019/2021 non ha introdotto alcuna modifica in merito a “Quanti docenti collaboratori si possono nominare e retribuire nella costituzione dello staff del dirigente”. Si riprende la lettura delle parti del CCNL interessate, corredandole di opportune riflessioni.
Filippo Cancellieri tratta de “La governance partecipativa della comunità educante”, da un lato richiamando il CCNL del 2018, che nel testo introduceva l’idea di scuola come comunità educante anche al fine di rimediare alla condizione di marginalità del personale ATA ed allo scopo di promuovere l’utilizzo integrale delle professionalità in servizio. Se da un lato questa era l’intenzione, dall’altro si continua a riscontrare un vuoto ordinamentale in materia di governance degli istituti: il nuovo convive col vecchio ed è ancora radicato il modello professionale della tradizione gentiliana basato sulla centralità del docente.
Gianluca Dradi incentra l’intervento su “Graduatorie per le supplenze: problematiche connesse ai controlli delle dichiarazioni”, in particolare soffermandosi sull’obbligo di controllo dei titoli dichiarati dagli aspiranti alle supplenze che compete al dirigente scolastico della scuola ove l’aspirante stipula il primo contratto di lavoro, con le modalità previste dagli articoli 71 e 72 del DPR 445/2000: Se il controllo è positivo si procede alla convalida, se, invece, dà un esito negativo il procedimento differisce a seconda della tipologia di personale, se docente o Ata. In entrambi i casi il servizio prestato in assenza di titolo o sulla base di dichiarazioni mendaci viene dichiarato, dal dirigente scolastico, come prestato di fatto e non di diritto. Nulla affermano, invece, le norme in ordine alla necessità di risolvere il contratto.
Stefano Callà pone l’attenzione sulla “Verifica della falsità di uno dei documenti prodotti dal candidato in sede di stipula del contratto di assunzione” riportando il pronunciamento del Tribunale di Forlì che, con decreto del 4 febbraio 2022, ha stabilito che - in virtù del disposto di cui all'art. 7 del D.M. 3 marzo 2021 - l'avvenuta produzione di una certificazione falsa, che ha così illegittimamente contribuito alla maturazione di un punteggio superiore e l'inserimento in una posizione di graduatoria più alta, comporta legittimamente l'esclusione e il depennamento da tutte le graduatorie del circolo didattico di riferimento, nonché la legittima risoluzione anticipata dell'incarico (contratto a termine) già in essere tra le parti.
Rocco Callà pone al centro della riflessione la “Contrattazione integrativa d’istituto” soffermandosi sui criteri di ripartizione delle risorse per la formazione del personale docente, educativo ed ATA. Il contributo mette a fuoco le regole che, sul piano operativo, vengono messe in atto per determinare i criteri per la formazione, riconoscendo la piena facoltà, per il Collegio dei docenti, di promuovere iniziative di aggiornamento e definire il Piano di formazione.
Bruno Lorenzo Castrovinci presenta “Il fenomeno del Soldiering nelle Istituzioni Scolastiche”. Il termine soldiering – letteralmente “fare il soldato” -si riferisce alla deliberata riduzione della produttività e dell’impegno sia da parte degli studenti sia dei docenti, privilegiando un atteggiamento di passività e rilassatezza, quindi con evidenti conseguenze sul rendimento scolastico, sulla qualità dell’insegnamento e ricadute anche sulla leadership dirigenziale. Contro tale malaugurata situazione si evidenziano le opportune strategie di contratto.
Mario Di Mauro, nel suo pezzo “Il Portogallo, da tenero ‘fado’ che sa di mare a paese il più vecchio e di più salda memoria in Europa" per La rubrica Scuola in Europa si sofferma sull’istruzione scolastica portoghese. Uno strano e ammirato paese oggi il Portogallo, forte di una cultura di tradizioni più che di storia e innamorato del suo“fado” quasi a ricercarne quella malinconia mai assopita per il destino di un uomo di mare che rientra in un luogo che ama ma che continua tuttavia a cercare quasi avendolo perduto.
Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia, presenta “L’Inclusione sempre più al centro”, intercettandola come unica possibilità per la scuola di favorire il cambiamento necessario di cui si sente tanto bisogno. Occorre ripartire dalla sua definizione, riscoprirne il valore e avere il coraggio e la determinazione a riprogettarsi in suo nome.
Stefano Callà, per I Casi della Scuola, si sofferma sulle “Frasi sconvenienti od offensive scritte dal lavoratore in un atto giudiziale contro il proprio datore di lavoro”, vicenda che trae origine da un licenziamento disposto dal datore di lavoro per giusta causa nei confronti di un proprio dipendente.
Luciana Ciaschini, per la rubrica La Scuola nella Giurisprudenza, brevemente ci interessa alla “Monetizzazione delle ferie al personale docente a tempo determinato” commentando una pertinente sentenza della Corte di Cassazione.
Valentino Donà, per Sportello Assicurativo, si sofferma sui “Termini per il pagamento della polizza assicurativa”, in risposta al quesito posto da un istituto scolastico che, per ragioni di carattere amministrativo ha lasciato scadere il termine per il pagamento del premio.