“Ma la missione della scuola qual è?”
Editoriale di Anna Armone
Direttore Responsabile
Le riflessioni che seguono partono dalla considerazione dello stato attuale delle istituzioni scolastiche, impegnate sul versante gestionale in modo incrementale e davvero oneroso. La scuola svolge la funzione istituzionale dell’educazione, formazione ed istruzione dei nostri giovani. Si tratta di una funzione sociale resa esplicita in altri quattro fondamentali articoli del Titolo II, gli articoli 3, 30, 33, 34 e 38 della Costituzione. Si tratta di norme che delineano un quadro ampio ed articolato nel quale non solo si regolano spazi e modi di intervento in materia di istruzione di base ma si stabiliscono anche criteri attraverso i quali si codifica la partecipazione della società organizzata al processo educativo.
Questo incipit dovrebbe dare il via ad una configurazione dell’istituzione scolastica e del sistema organizzativo dell’istruzione centrata sulla missione istituzionale e sulla strumentalità dell’apparato organizzativo dell’istruzione e dell’azione gestionale. Ma oggi, analizzando anche solo l’impegno del dirigente nella gestione si comprende come ci sia quasi una spinta alla prevalenza dell’aspetto gestionale rispetto a quello didattico. Come si è arrivati a questo punto? La prima risposta viene dall’assetto istituzionale del sistema che è partito come sistema autonomistico, privo di organicità e abbandonato in un quadro territoriale tra regione ed enti locali, loro sì ben consapevoli del ruolo in materia di istruzione. Tra l’arroccamento del Ministero sulle poltrone del potere e la differente forza (e volontà di intervento) esercitata dagli enti locali, la scuola ha visto i propri confini diventare sempre più permeabili.
E a questo quadro avvilente si sono aggiunti gli effetti delle normative generali settoriali che sono ricadute, a pioggia, sulle scuole per effetto di quell’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001 che include le istituzioni scolastiche tra le amministrazioni pubbliche al pari di Ministeri, regioni ecc. Mai, una volta, che al legislatore fosse venuto in mente, nel momento dell’analisi d’impatto normativo, di prevedere una modulazione diversa per le scuole, magari rinviando ad una successiva regolazione ministeriale. Pensiamo alla gestione della Privacy, con la parcellizzazione della funzione di DPO su ogni singola scuola. L’aggregazione in rete delle scuole non riduce il problema di un dispendio finanziario e di una disomogeneità di gestione del tema a livello territoriale.
Sarebbe bastato prevedere presso ogni USR un ufficio per la pianificazione, organizzazione e gestione della Privacy per tutte le scuole del territorio regionale. Le singole scuole avrebbero potuto fornire i dati strutturali e successivamente gestire il livello formale e relazionale.
Ma c’è un altro esempio, oggi forse in via di miglioramento funzionale. Parliamo del sistema degli acquisti di beni e servizi. Le scuole rientrano, secondo le stime più accreditate, tra le 20 mila stazioni appaltanti, con effetti negativi sull’efficientamento dell’azione amministrativa e sulla spesa pubblica. Il tema della centralizzazione delle committenze e della qualificazione delle stazioni appaltanti, prima ancora di essere inserito all’interno della legge delega numero 78 del 2022, è stato inserito tra gli obiettivi del PNRR. Ebbene, relativamente a tale problema, il Ministero dell’istruzione è intervenuto con il regolamento di organizzazione, il D.p.c.m. 208/2023 come è stato recentemente modificato dal D.p.c.m. 185/2024.
È stato rivisto l’art. 8, intervenendo decisamente sulle competenze dell’Ufficio scolastico regionale. Nell’ottica della riduzione delle stazioni appaltanti, alla lettera t) dell’art. 8 è previsto che l’USR svolge attività di consulenza e supporto organizzativo e amministrativo alle istituzioni scolastiche e educative, anche di altre regioni previa convenzione con gli uffici scolastici competenti, in materia di affidamento ed esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, anche mediante lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 62 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, in qualità di stazione appaltante qualificata, di cui possono avvalersi le medesime istituzioni. È questo il passaggio più dirompente di tutta l’innovazione apportata all’art. 8 dal D.P.C.M. 185/2024. Dietro tale previsione ci sono diverse considerazioni da parte del Ministero: il riconoscimento della qualificazione delle istituzioni scolastiche come “Amministrazioni centrali” e non sub-centrali, l’adesione all’esigenza della riduzione delle stazioni appaltanti, il ruolo dell’USR di presidio statale sul territorio più che mai rinforzato.
Tutto contribuisce ad una visione dell’autonomia scolastica come forma autonomistica dipendente dagli spazi regolativi degli altri soggetti istituzionali competenti in materia, prima fra tutti l’amministrazione dell’istruzione, intesa a livello ministeriale e regionale. È giusto, è sbagliato? È efficace o non è efficace? Non esiste una risposta certa, considerato che, come affermava Giannini, occorre una coerenza sistemica nei disegni di riforma amministrativa. Ma occorre anche che tutti gli attori, in particolare i politici e i sindacati condividano il punto di partenza: la scuola è principalmente per gli studenti e anche (e non per) quelli che ci lavorano.
E veniamo a questo numero della rivista. Iniziamo con il saggio di Angelo Mari su “Piano Educativo Individualizzato: criticità e prospettive”, un’analisi principalmente di esegesi giuridica del diritto al PEI. Il documento viene analizzato nella sua collocazione nel procedimento amministrativo che lo genera, e in particolare nel carattere discrezionale del contenuto. L’autore, proprio alla luce della normativa sul procedimento analizza le condizioni di procedibilità e gli aspetti giustiziali, riportando le conclusioni della Corte di cassazione che ha provato a fissare alcuni punti per così dire sostanziali: quando si è nella fase procedimentale istruttoria del PEI, dove sussiste ancora il potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica volta ad individuare le misure più adeguate di sostegno, le controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; ma una volta approvato il PEI sorge in capo all’amministrazione l’obbligazione ad assicurarne e garantirne l’attuazione, senza che vi siano ulteriori spazi di ridimensionamento, neanche in ragione di esigenze economiche e di personale.
Rimaniamo nello spazio dei diritti costituzionali fondamentali con Gianluca Dradi con la disamina del diritto “a non disperdersi”, quale diritto fondamentale per accedere a una cittadinanza attiva e consapevole. L’autore ripercorre le disposizioni della prima parte della Costituzione, disposizioni tutte legate nella definizione e finalizzazione dello sviluppo e crescita individuale. Ma la domanda che pone è relativa all’effettiva realizzazione del diritto all’istruzione, alla sua fruizione concreta, agevolata e garantita.
Francesco Baccolini affronta un tema gestionale di grande rilievo, il ruolo del dirigente scolastico quale Responsabile Unico di Progetto. L’analisi è approfondita e argomentata sulla base dell’enucleazione dei ruoli e dei poteri della figura del dirigente scolastico e del direttore sga. L’autore ricostruisce la tesi del ruolo imprescindibile del dirigente scolastico quale RUP partendo dalla rilevanza esterna dell’azione amministrativa posta in essere dallo stesso, e collocando l’azione del direttore sga nell’attività endoprocedimentale.
Fernando Virone affronta la connessione tra le competenze digitali e la cittadinanza attiva. La tematica viene affrontata attraverso un percorso logico-ricostruttivo che parte dalla formalizzazione europea delle competenze digitali per arrivare, grazie anche al contenuto “etico sociale” delle prescrizioni comunitarie, all’analisi della finalizzazione delle stesse all’acquisizione della cittadinanza attiva. Il richiamo alla responsabilità della scuola è chiaro: non basta la previsione formale dei percorsi formativi, ma occorre intervenire in concreto sul tempo orario da dedicare non solo all’acquisizione delle competenze digitali, ma anche alla formazione civica del ragazzo, già cittadino.
Ivana Summa, in continuità casuale con il saggio di Fernando Virone, si chiede quale formazione sia necessaria per affrontare la transizione digitale. Il saggio si snoda lungo il percorso della Comunità di pratiche per l’apprendimento, prevista dal decreto del Ministro dell’istruzione e del merito 12 aprile 2023, n. 66 che ha destinato 450 milioni di euro per la formazione del personale scolastico alla transizione digitale. Come afferma l’autrice, “una CdP è il luogo, lo strumento e l’esito del processo di partecipazione sociale fondato sulla pratica e nel quale entrano in gioco, contemporaneamente, l’acquisizione di competenze tecniche e relazionali, l’elaborazione dell’identità personale e sociale, l’attribuzione di significato alle esperienze, il riconoscersi parte di un insieme che nella pratica e “praticamente” condivide saperi, valori, linguaggi e identità”.
Renato Loiero illustra gli interventi del Governo in materia di istruzione per l’anno 2025. Nel Piano strutturale di bilancio di medio termine, deliberato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre 2024, emerge rafforzata l’azione di riforma del Governo per migliorare il settore dell’istruzione e della formazione al fine di garantire maggiori opportunità e competenze nell’accesso al mercato del lavoro. La programmazione economico finanziaria 2025 in materia di istruzione intende realizzare un miglioramento dei risultati scolastici e delle competenze, anche digitali, acquisite dalle studentesse e dagli studenti, in linea con quanto rilevato nelle Raccomandazioni specifiche indirizzate all’Italia negli ultimi anni. L’obiettivo della spesa è compiere ulteriori sforzi per raggiungere la media UE e colmare divari territoriali e di genere, nonché, in una visione sistemica, assicurare che il sistema di istruzione e formazione meglio risponda alle sfide di transizione.
Vanna Monducci spazia sulla recente pubblicazione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che ha, appunto, recentemente presentato lo Youth policy toolkit, uno strumento nato per favorire la creazione di politiche pubbliche per le nuove generazioni. L’iniziativa si colloca nell’ambito del progetto orizzontale “Un futuro migliore per i giovani nelle società che invecchiano” e mira a costruire società più inclusive, resilienti e sostenibili. Lo Youth policy toolkit dell’Ocse rappresenta un punto di riferimento per rafforzare la collaborazione tra governi, migliorare le capacità amministrative e promuovere politiche sostenibili per le generazioni future. Basato su cinque pilastri principali, integra oltre 70 buone pratiche internazionali per supportare l’attuazione della Raccomandazione Ocse per i giovani, adottata nel giugno 2022.
Federica Marotta affronta la tematica di riferimento che verterà sull’analisi della sentenza numero 21553 del 2021, emessa dalla Corte Suprema di Cassazione - Sezione I Civile - che è stata chiamata a pronunciarsi su una tematica afferente alla scuola non solo come luogo di apprendimento ma, anche e soprattutto, nei suoi aspetti più trasversali e generali, nell’ottica della crescita degli studenti, del loro modo di vedere la società di cui saranno parte attiva. Quindi una questione afferente sì alla didattica, ma, anche, una analisi su quanto l’istituzione scolastica sia proprio uno degli aspetti fondamentali, possiamo dire cardine, della vita delle persone, nello specifico, appunto, della vita degli studenti e delle loro famiglie.
Giuliana Costantini propone quattro libri tutti interessanti benché molto diversi tra di loro. Il primo libro, di István Regöczi, Il vagabondo di Dio, Ed. Cantagalli, è il racconto in prima persona di István Regőczi, il vagabondo di Dio, che un giorno, giovane studente dalle scarpe consumate e i vestiti logori, è partito dalle rive del Danubio, dalla lontana Ungheria, per diventare sacerdote nelle Fiandre. La vicenda di don István percorre quasi un secolo di storia: l’infanzia a Budapest, tra fede, poesia e povertà nei duri anni della Prima guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra. Il secondo libro, di Alberto Melloni, Storia di µ Lorenzino don Milani, Edizioni Marietti, che chiamerà semplicemente μ., in un’edizione arricchita da alcune delle più belle foto di Lorenzo Milani e da alcuni versi del grande cantautore Fabrizio De André, è un omaggio al priore di Barbiana nell’anno in cui si festeggiano i 100 anni della sua nascita. Il terzo libo, di David Salomoni, Francis Drake. Il corsaro che sfidò un impero, Editori Laterza, racconta del corsaro Francis Drake pose le basi della supremazia inglese sui mari e costruì una vita che già per i suoi contemporanei era leggenda.
Le imprese di Francis Drake, il grande corsaro inglese al servizio della regina Elisabetta I, hanno qualcosa di veramente epico. Fu un uomo capace di sfidare da solo, dopo gli iniziali raid condotti nel Mar dei Caraibi, l’impero spagnolo in America, tra il 1577 e il 1579. Il quarto libro, di AA.VV., Per filo e per segno, Carocci, 2024.
Vincenzo Palermo recensisce tre film di valore, primo fra tutti, Vermiglio, della regista Maura Delpero. Vermiglio è zona di frontiera, nella quale la vita della comunità scorre tra ritualità e gesti quotidiani, e la guerra appare come una presenza fantasmatica ma sempre incombente. Nel 1944, nel remoto villaggio trentino l’arrivo di Pietro, un soldato reduce dalla guerra di origini siciliane, stravolge la quotidianità di un insegnante e della sua famiglia. Lucia, la maggiore delle figlie dell’insegnante, si innamora di Pietro e decide di sposarlo. Come afferma Palermo “Da vedere perché: l’intreccio di storia e dramma familiare raccontato dalla regista come un incanto naturalistico, aiuta giovani e adulti a sintonizzarsi sulla delicata poetica della gentilezza”.
Il secondo film, Il Robot Selvaggio, è del regista Chris Sanders. In seguito a un naufragio, un robot senziente di nome Roz rimane bloccato su un’isola disabitata. Per sopravvivere all’ambiente, Roz lega con gli animali dell’isola e si prende cura di un cucciolo d’oca rimasto orfano. Da vedere perché “il film racconta temi complessi come la genitorialità e il rapporto tra la rivoluzione tecnologica e il ritorno a un perduto stato di natura”.
Il terzo film L’uomo nel bosco, regia di Alain Guiraudie, narra di Jérémie che torna nel proprio paesino d’infanzia nell’Aveyron per il funerale del fornaio, suo ex principale. La vedova, commossa dalla sua presenza, gli propone di passare la notte a casa loro, nella stanza del figlio Vincent, ormai sposato, un vecchio compagno di scuola di Jérémie. Ma non per tutti sarà il bentornato, “consigliato ai docenti che, dopo un’iniziale formazione sull’audiovisivo, intendano esplorare il territorio filmico delle opere inclassificabili, capaci di restituire registri e canoni del cinema francese e non solo”.